Una serie di immagini forti. A volte così crude da dare fastidio. Chi le ascoltava per la prima volta di sicuro è rimasto perplesso. Ma anche a noi bruciano se non diamo per scontato quanto ascoltiamo nel vangelo. Gesù prende a prestito il linguaggio di fuoco degli antichi profeti per parlare, in fondo, di coerenza. Ci propone uno stile.
Di chi non guarda all’apparenza, all’immagine. Ma a quello che c’è nel profondo di noi. Ci vuole così il Maestro di Nazareth, riconciliati tra noi, trasparenti nelle relazio-ni affettive. Lui non è venuto a cancellare la tradizione religiosa d’Israele. Sono venuto – dice – a dare compimento. Cioè a mettere dentro alle regole un motivo.
A caricare il nostro rapporto con Dio e con gli altri con il calore dell’amore. Non il freddo calcolo di una legge, non un’adesione formale dietro cui regna il vuoto. Le parole del Vangelo sono uno stile. Lo stile di chi si sente amato e per questo è capace di amare. Si sente perdo-nato e per questo è capace di offrire sempre nuove possibilità.